Blinded by The Light

Blinded by The Light, G. Chadha

Forse questo è il film che abbiamo avuto sempre nel cuore, in testa, nei tendini, nelle ossa e anche chissà dove. Dico “noi” ovvero il popolo springsteeniano, quelli che sono stati accecati da una luce che, a volte, li ha proprio accecati (facendo perdere di vista tutto il resto, come suggerisce intelligentemente il film sul finale) oppure accecati nel senso di cambiati, ispirati. Qualcuno prende ‘sta cosa della Luce come idolatria e, in effetti, quante incomprensioni e quanto scetticismo trovavamo tra i nostri amici, i profani, che non capivano come potesse essere che un ragazzo messo pure male in arnese dal punto di vista economico si facesse decine di concerti a seguire il Boss o, meglio, Bruce (perché l’abbiamo chiamato sempre così, come un fratello o uno di casa). Insomma, eccezion fatta per il colore della pelle e i riferimenti religiosi, la storia di Blinded by The Light è clamorosamente identica alla mia. Stessa faccia da nerd, stesse ambizioni letterarie coltivate in solitaria (però non avevo la professoressa bona e comprensiva, anzi avevo uno stronzo baffuto che mi trattava come una causa persa…), stessa illuminazione: solo la canzone era diversa. A me capitò, singolarmente, quella più povera di contenuti ma anche una delle più orecchiabili, I’m Goin’ Down e fu un tuffo al cuore, una cosa irripetibile. La musicassetta di Born in The Usa copiata e divorata nel giro di qualche ora e poi le corse al negozio di dischi in fondo alla via, all’angolo con la Casa del Popolo (!), l’acquisto di Born in The Usa e dell’appena uscito (era il 1987) Tunnel of Love. E poi tutto il resto: tutti gli album, gli accordi, la chitarra Takamine nera come la sua, vestirsi come lui compreso un inguardabile cravattino texano che ho ancora da qualche parte. Le corse ai biglietti, le notti insonni davanti allo Smeraldo. E poi gli amici springsteeniani, i tour europei che nel corso del tempo diventavano veri e propri viaggi di amicizia. Le nozze con una ragazza (non) springsteeniana con tanto di canzoni di Bruce in chiesa e viaggio di nozze in tour. Insomma: lasciando da parte, amaramente, il declino artistico e musicale del Nostro da almeno dieci anni a questa parte, il viaggio con Bruce è stato un grande viaggio di giovinezza, di amicizia, un grido di libertà e identità, per molti versi. Un viaggio fatto di decine di date, sì, e migliaia di chilometri percorsi ma che nel tempo è diventato un viaggio di volti, sorrisi e abbracci. Non di Bruce, ma dei tanti amici in cui ci siamo imbattuti cammin e concerto facendo. Insomma, alla fine di tutto questo lungo viaggio iniziato più 30 anni fa, lo possiamo dire. Possiamo affermare una verità pian piano acquisita nel tempo e all’inizio anche guardata con un certo malessere. Bruce è stato per noi un’ispirazione ma soprattutto un tramite, la chiave di volta di una realtà ancora più bella, più profonda e più significativa delle sue canzoni migliore. Non una terra arida ma un suolo fertile, ricco di frutti e Bruce, in qualche modo misterioso, è stato il Buon Pastore, se non di tutti, sicuramente il mio Buon Pastore che mi ha preso per mano in un momento della mia adolescenza non particolarmente felice e mi ha portato dentro una realtà bella, straordinariamente affascinante. Che è poi l’idea che sta sotto a questo bel film di cui praticamente non ho parlato.

Usa 2019, 119’

Consigliato

Sopra i 11 anni

Utilizzabile in percorsi per la scuola secondaria di I e II grado (musica, sogni, amicizia, identità, famiglia, religione)