Fuori controllo

Thriller deludente e prevedibile, girato da uno svogliato Martin Campbell, altrove decisamente più in forma (Casinò Royale). La storia, ricca di incongruenze se non di veri e propri vuoti narrativi, vede come protagonista Mel Gibson alle prese con l’assassinio, avvenuto tra le sue braccia, della giovane figlia. E’ stata uccisa per sbaglio oppure è stato un omicidio mirato? Scritto malissimo, con almeno un personaggio (Ray Winstone), che sembra improvvisato e uno stuolo di “cattivi” psicologicamente appena abbozzati, Fuori controllo è un film che gioca tutta la sua forza da un lato sul carisma di un invecchiato (e, ahinoi, non solo per esigenze di copione) Mel Gibson a suo agio nei panni di un eroe brusco e dai modi spicci, simile per certi versi al protagonista di Ransome Payback; dall’altro, affidandosi alla regia altrettanto brusca di Campbell che non risparmia crudezze e soprattutto riempie la vicenda di colpi di scena tanto imprevisti quanto inverosimili. Fisico e muscolare, il film del regista de La maschera di Zorro si inserisce nello schema narrativo dei thriller del Potere degli anni ’70, risultando molto meno efficace, non dico dei capolavori del genere come I tre giorni del condor, ma del più recente e compatto State of Play, decisamente più essenziale e sintetico. Qui, invece, per voler dire tutto, non si dice nulla e si intrattiene pure maluccio: appare fuori tempo massimo la “tirata” contro Bush e gli amichetti tiranni, mentre la narrazione, appesantita da troppe svolte narrative e intasata da troppi personaggi non decolla mai. Un’idea forte attorno a cui costruire la storia, questo il fondamento per una buona sceneggiatura. Qui ci sono una miriade di tante piccole storie e un finale, artificiosissimo, che cerca maldestramente di chiuderle tutte.