Già: la vita nascosta. Ma quale vita? Forse il filo rosso dell’ultimo, intenso film di Terrence Malick sta proprio in un titolo così scabro, senza fronzoli, ermetico come tanta parte del suo cinema. Va interpretato, come tante sequenze di questo film che probabilmente non sarà il suo capolavoro ma certo si inserisce appieno nella filmografia del regista de La sottile linea rossa. Perché la vita nascosta è certo quella del protagonista (uno straordinario August Diehl, già visto in Bastardi senza gloria di Tarantino). Vita nascosta, nel senso di oscura, umile. Ai margini del mondo e della Storia, sulla cima ripida ed erbosa di un’Alpe austriaca. Ai potenti non interessa nulla dello schivo e pure dal nome impronunciabile Jägerstätter, contadino di una nuova Nazaret. Ma la vita nascosta è anche lo Spirito, è la vita che, nascostamente, vive, ispira il cuore calmo di un eroe antieroe. Uno Spirito Grande, come direbbe la patristica e la tradizione cattolica capace di effondere una vita nuova, di far prendere al contadino una via nuova, una strada nuova. Varrebbe la pena dire – e non ci chiamamo certo così per un caso fortuito – un SENTIERO, di vita e di luce, anzi di Vita e di Luce come lascia presagire il lungo incipit con cui Malick racconta, tutto macchina a spalle e lunghissima profondità di campo, il rapporto tenero tra i due sposi e come lascia intendere il finale intenso e che lascia quasi senza parole.
Ma c’è un altro modo di intendere il titolo. Quella vita nascosta di un regista schivo, che non rilascia dichiarazioni, che per anni sembrava ritiratosi dal cinema per lo meno attivo. Un regista che, invece, complice l’età non più giovane, riflette sugli scenari possibili di una vita piena o vuota, trae bilanci, immagina prospettive, invita tutti, noi per primi, a intraprendere un sentiero di vita piena, soddisfacente, carica di senso. Che questo film sia un auspicio per tutti, per noi qui a bottega e anche per voi, che da così tanti anni ci seguite con fedeltà, passione e anche con tenera discrezione.
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