Ennesimo adattamento cinematografico del capolavoro di Jack London. Se la memoria non ci inganna dovrebbe essere il quinto dopo quello abbastanza terribile di 10 anni fa (con un orrendo 3D per giunta) e quattro film altalenanti nel complesso e usciti tra gli anni 30 e gli anni 90. Diciamo subito che quest’ultimo è l’ennesima occasione mancata, un po’ per la presenza assai poco incisiva di Harrison Ford (per non parlare poi della partecipazione assurda di Omar Sy, davvero improbabilissimo nei ghiacci del Nord America) ma anche per la regia inadeguata di uno bravo come Chris Sanders (Dragon Trainer, I Croods) e che in teoria avrebbe potuto giocarsi meglio soprattutto sul registro sentimentale/affettivo. Sempre che London – e ho i miei dubbi – abbia voluto raccontare con il suo romanzo una storia di amicizia tra uomo e cane. Perché il film di Sanders targato Fox (la nuova disneyana Fox) spinge sull’acceleratore su questo, con tanto di sequenze forzatissime come quelle, ripetute fino alla nausea, in cui Buck strappa la bottiglia al similalcolizzato Ford. Ma dai. Per quel che ci ricordiamo, la forza di un romanzo selvaggio e brutale come Il richiamo della foresta era proprio la commistione tra violenza e tenerezza, tra desiderio e incubo. Insomma: sangue, grida, bastonate bastonate bastonate, urla selvagge, pestaggi a mani nudi, ghiaccio che rompe le mani, selvaggina e ossa da sgranocchiare e anche, certo anche, qualche carezza che però era inserita nella narrazione come un boccata d’aria sotto un cielo grigio e asfittico. E poi c’era anche tutta la voce del selvatico, del selvaggio, di un Natura che non fa compromessi e tira fuori il peggio di te per garantirti in cambio la vita. Tutto questo non esiste nello script su cui lavora Sanders: non esiste perché evidentemente il film nasce ad uso e consumo di bambini. Non esiste il sangue, non esiste la violenza, non esiste la natura selvaggia per invece lasciare grande spazio, al realismo degli scenari e delle ambientazioni resi con degli effetti adeguati che forse lasceranno di stucco ma non toglieranno almeno al lettore o allo spettatore un po’ meno inconsapevole, l’idea di un tradimento feroce del romanzo di London, della sua opera, del suo essere contraddittorio, selvaggio, crudele. Altro che romanzo per bambini. Ché poi – dovete spiegarmelo bene – se ci togliete la violenza, le bastonate e le ferite, come poi rappresentare almeno una pallida idea del perdono? Un altro tema fondante l’opera di London e qui dimenticato completamente.

Questo ce l’ho…
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