Le streghe son tornate


I titoli di testa sono dissacranti: una carrellata di immagini inquietanti con protagonisti streghe, roghi, persecuzioni e quant’altro. C’è già tutto il senso dell’operazione in questa sequenza, assai rapida e coinvolgente: il grottesco che abbraccia l’horror e un certo umorismo macabro che può strappare la risata amara come nello sberleffo che vede protagonista Angela Merkel, rappresentata buon ultima di una lunghissima serie di streghe che hanno seminato il panico per Europa. Chi scrive ha un buon ricordo del regista, Alex De la Iglesia: autore, tra le altre cose, di due buone commedie nerissime come Crimen perfecto e soprattutto La comunidad – Intrigo all’ultimo piano, una sorta di giallo hitchcockiano combinato con atmosfere surreali e horror. Con l’ambizioso La ballata dell’amore e dell’odio, poi, De La Iglesia aveva cercato addirittura di raccontare un pezzo di storia franchista di Spagna attraverso il registro a sé più caro, il grottesco, con risultati altalenanti: una bella regia piena di trovate e di riferimenti cinematografici ma un gusto per il macabro a tratti respingente. Così è anche Le streghe sono tornate, diviso letteralmente in due: una prima parte interessante sia sul piano della narrazione che su quello visivo, una seconda più caotica e meno convincente. Si inizia subito in medias res: una rapina, di quelle più folli, con i banditi travestiti nel modo più insolito (uno addirittura è Gesù) finisce in una fuga strampalata che porterà la banda di rapinatori più un malcapitato tassista a rifugiarsi in un piccolo borgo che, si vocifera, da secoli è in mano alle streghe. De La Iglesia gioca con i santi e non solo: l’incipit con Gesù che svaligia un negozio ComproOro è efficace e fortemente simbolico; e in generale tutta la prima parte in cui il regista gioca con svariati generi (thriller, commedia nera, poliziesco tradizionale, horror) funziona e cattura l’attenzione dello spettatore. Dall’incontro dei malcapitati con alcune streghe (tra cui signoreggia la grande Carmen Maura) il racconto perde mordente e si sfilaccia: un po’ perché il tono diventa davvero sin troppo horror e sopra le righe con alcune sequenze fastidiose, come quella della “cena” con protagoniste le streghe. E un po’ perché De La Iglesia procede per accumulo di situazioni e personaggi combinando in questo caso ispirazioni più o meno alte dell’horror classico e recente: si va dall’amatissimo e folle Jesus Franco a Rob Zombie passando per alcune svolte sin troppo forzate e programmatiche (i due detective che paiono usciti da un film di Almodovar). Il finale, sin troppo tirato per le lunghe, è puro delirio: una sorta di visione infernale dove il cattivo gusto (la rappresentazione della Strega Madre è da voltastomaco) si accompagna a un’esagerazione dei toni che fa precipitare il film e i buoni spunti in pura farsa.