Debole spy thriller sia sul piano narrativo che dal punto di vista tecnico. Diretto da James McTeigue, quello di V per Vendetta, aiuto regista per anni dei fratelli Wachowski, parte già con il freno a mano tirato. Ambasciata americana a Londra, ufficio visti: Kate Abbot (Milla Jovovich, sprecata in un ruolo mal scritto) supervisiona l’operato dei colleghi. C’è qualcosa che non va in particolare nel caso della richiesta di visto di un pediatra in procinto di partire per gli States. Il discontinuo McTeigue (V per Vendetta non era male, meno bene Ninja Assassin e The Raven) e ha il merito di non buttarla subito sul fracassone: cerca di lavorare su un minimo di tensione ma sin dall’entrata in scena di uno spietato Pierce Brosnan, il prevedibile è dietro l’angolo. Soprattutto, troppe incongruenze e salti narrativi mettono a dura prova la verosimiglianza dell’intera vicenda: per dire, la Abbot, si ritrova, di punto in bianco, al centro di un intrigo dove solo in più di un’occasione si trova alle prese con svolte narrative assai forzate. Il rapporto con il suo superiore interpretato da un Robert Forster tutt’altro che ambiguo; i pregiudizi nei suoi confronti dell’ambasciatrice (Angela Bassett) che mette sulle sue tracce squadre antiterrorismo con una leggerezza poco credibile; un attentato, nella prima parte del film, telefonatissimo e girato con la mano sinistra. McTeigue dirige un film strano, non riuscito: a metà tra un B movie con protagonisti vecchi arnesi del cinema, con tutto il rispetto della Jovovich che, almeno per chi scrive, è ancora perfetta per ruoli di donne d’azione e un omaggio tardivo all’oscuro lavoro dei servizi segreti che tanti attentati hanno sventato in questi anni e a cui il film è dedicato. E il suo film, che predilige più l’azione all’introspezione richiama alla mente non certo lo spionaggio degli anni 70, realistici e basati sulla riflessione anche storica, quanto su certi film di vent’anni dopo: Il fuggitivo e dintorni (U.S. Marshall Caccia senza tregua) anche perché il baricentro narrativo non poggia tanto sulla strategia di lotta al terrore e sulle decisioni prese a livello politico (come ad esempio indaga bene la serie tv Homeland, anche lì con una sola donna al comando) quanto sulla pura e semplice fuga della protagonista, braccata da quelli che dovrebbero essere le forze del bene e a caccia, lei contro tutti, della prova che dovrebbe inchiodare preventivamente nuovi attentatori.
