Faccia di Picasso

“Cantare è d’amore” recitava Amedeo Minghi anni fa nella sua canzone più nota (e scritta dal grande paroliere battistiano Pasquale Panella). Cantare è d’amore, sì ma si potrebbe anche dire che far cinema spesso è un atto d’amore. Ci viene in mente questo, dopo una visione – l’ennesima, qui a bottega, di un attore, regista, sceneggiatore, caratterista da noi amato sin dalle sue prime comparsate teatrali fiorentine negli anni 80, il Cecca, come lo chiama il suo sodale Veronessi, il Ceccherini. Perché Ceccherini è stato – anche se non esploso mai del tutto, e non solo per demeriti suoi ma per disavventure produttive – quello che non è stato il pur bravo Zalone. Una maschera comica vera, non artefatta come quella, appunto zaloniana, costruita a tavolino, con quella faccia lì, da Picasso appunto. Ceccherini al secondo film, gira il suo personale ottoemezzo felliniano, ambisce a modelli alti che però paiono a lui per primo irraggiungibili (si veda lo sketch divertente con Stanlio e Ollio), azzecca qualche personaggio (il cameo incredibile di Vieri nei panni di Ivan Drago, il produttore interpretato da Marco Giallini) ma a tratti la sua comicità greve che culmina nel rifacimento di Rocky IV (“Adriana non sei una puttana!”) mostra il fiato corto. Con uno sceneggiatore più accorto, sarebbe potuto diventare il più grande comico italiano. Così, però, il bicchiere è mezzo vuoto. Peccato. Commovente, però, la comparsata di Andre Balestri, il Pinocchio comenciniano.