Buneliano, ermetico, oggetto non ben definito e identificabile, questo Nerosubianco, uno dei primi film di Tinto Brass e datato 1969. Quintessenza della controrivoluzione culturale, narrativamente slabbrato e frammentario, ha dalla sua una notevolissima interprete principale, la splendida Anita Sanders, poi attrice per i vari Pasolini, Citti, Avati e Corbucci. Brass ci offre degli scorci: di paesaggi urbani, di storie, di musica (ci soono i Freedom nella ricca colonna sonora), di volti, di sesso e di sessi nel senso di membri, turgidi o meno. Certo, a vederlo a più di cinquanta anni di distanza, il film di Brass fa sorridere per ingenuità e per una visione del mondo datata e, forse, superficiale. Tuttavia c’è del cinema e c’è una competenza indiscusso del grande regista veneto, innanzitutto nel sovraccaricare le immagini di un messaggio altro, un coacervo di immagini e musica che pare anticipare un po’ la moda ma non l’estetica del videoclip e poi per la volontà, manifesta, di NON voler raccontare nulla nemmeno in quei momenti in cui la storia pare prendere una piega che va ben oltre il surreale bunueliano. Ai tempi, il Muzikanten parve apprezzarlo, giovanissimo, se è vero che scrisse “[…]filosofia, buonumore, sogni, incubi, cattivo umore, scenografie moderniste […] tutto e il contrario di tutto convive nell’opera di un maestro che solo di primo acchito può apparire un pubblicitario esangue e poco originale. C’è invero la volontà di stupire con belle immagini e un montaggio abbacinante ma anche la chiara e autentica intenzione di elaborare un manifesto paramarxista sulla liberazione del sesso, della donna e dell’uomo visto come puro compagno di piacere”.
