Marylin ha gli occhi neri

Diegone è certamente un cuoco assai in gamba ma gli manca il controllo: perde la ragione per ogni minima stupidaggine e combina disastri su disastri. Fa a pezzi la sala dell’albergo per cui lavora con il risultato di perdere il lavoro, dopo aver perso peraltro anche moglie e figlia. Finisce così in un centro di riabilitazione per persone con vari disagi mentali dove si trova piuttosto bene, in compagnia di uomini e donne alle prese con un disagio mentale di varia gravità. Le cose cambiano quando arriva la giovane e bellissima Clara che solo apparentemente sembra “normale”. La vicenda di Marilyn ha gli occhi neri, terzo film di Simone Godano, ha il gran merito di nascondere le carte e di non mostrare, se non in un finale forse un po’ tirato via, gli sviluppi davvero imprevedibili dei due vulcanici protagonisti incontratisi quasi per caso. Quante vicende analoghe, tutte giocate sul presunto disagio, o diversità dell’altro, hanno animato il cinema? Dal tragico Qualcuno volò sul nido del cuculo alla commedia italiana Si può fare, fino a Rain Man, il recente Il professore e il pazzo: tutti film che hanno segnato la storia del cinema o comunque hanno segnato un immaginario ben preciso. Godano si mette nel solco di tali opere e gioca tutto e anche in modo coraggioso con il carisma e la professionalità dei due interpreti principali, Miriam Leone e di Stefano Accorsi che riescono a dar corpo e voce a disagi più o meno invisibile, sfuggendo alla facile macchietta o alla retorica sentimentale e semplicistica. Accorsi, in particolare, riesce a rimanere in un miracoloso equilibrio tra la professionalità indiscussa del mestiere e il personaggio con i suoi tic e una caratterizzazione buffissima, da slapstick comedy che non può non far sorridere e intenerire. Il suo è un personaggio credibile e sincero, in lotta sia contro un sistema fatto di regole e atteggiamente borghesi, sia contro i fantasmi di un passato che, piatto dopo piatto, tornano a galla. Per noi di Sentieri il suo è un personaggio riuscito assai e paragonabile per forza e mimetismo al pilota tossicodipendente dell’ottimo Veloce come il vento. Notevolissimi i personaggi di contorno: su tutte la delicatezza con cui viene raccontata la vicenda della donna con la sindrome di Tourette e con parolacce terribili sparate involontariamente di continuo? Originalità, sentimento, visione di insieme e uno sguardo mai patetico al mondo invisibile del disagio mentale e non: il film di Godano è un piccolo, grande film da tenere nel cuore. Consigliatissimo!